Great day

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Dopo una levataccia alle 5.00 con lo zaino di quasi 10 kg sulle spalle (traumatico nelle discese e nelle risalite, che nemmeno Battisti saprebbe), un viaggio in autostrada che sembrava più una sola andata per l'inferno, una doccia rigenerante, una cenetta coi fiocchi in albergo e una ronfata da paura,
ci prepariamo all' Austria.
Mi sento veramente anomala vestita come Darth Vader, ma non c' è altro modo che viaggiare in moto così, fortunatamente direi perché,
dopo qualche ora sotto le nuvolone scure, superati il Passo Stalle, minuscoli paesini e, come regalo, la mano biasciata da un ponymiominiponyvola,
si giunge a Lienz, assieme ad uno dei peggiori temporali mai visti.
Vaghiamo incauti col casco sulla testa per la città,
cercando di trovare un luogo per sfamarci alle ore tre del pomeriggio.
Ma dopo 10 minuti infiniti di vagabondaggio inizia a tuonare a randa.
Intelligentemente troviamo riparo dalle scariche di fulmine vicine
ma molto vicine
a noi.
Tanto vicine che mi sono cagata addosso
o meglio, per usare un eufemismo un po' più femminile,
ho pregato i dodicimila santi in dodicimila lingue differenti, mentre cercavo di trovare una canzone allegra da cantarmi dentro la testa per sovrastare il rumore di pioggia incessante durante la via del ritorno, fino a raggiungere una specie di catarsi individuale.
(Great Day)
Non è servito a nulla, chiaramente.

Fortunatamente la pioggia cessa poco prima del Passo, mi giro verso destra ritrovando uno scenario glaciale, acqua smossa dal vento, mani quasi totalmente ibernate. Il quasi è fondamentale per prendere la macchina fotografica...
Faccio tipo per correre giù, fino al bordo del lago Ortsee, cercando di rendere giustizia con un'esposizione adeguata a tutto quel.





Fino al giorno dopo, comunque, non avevo ancora chiaro che colore fosse l'azzurro.




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